L’ultima volta abbiamo pignorato un busto di marmo nell’ufficio del dirigente medico di un grande ospedale romano per far fronte al titolo esecutivo” esordisce l’avvocato Francesco Lauri, fondatore dell’Osservatorio Sanità, l’associazione che difende le vittime di errori medici.
Spesso per i cittadini che hanno una sentenza favorevole in mano diventa impossibile farsi pagare i risarcimenti per gli errori medici: le casse degli ospedali sono vuote. “Molti di quelli che gestiscono i risarcimenti da errore medico in autotutela, cioè senza una copertura assicurativa, non hanno accantonamenti sufficienti. Così, chi aspetta un risarcimento finisce per non vedere un euro”.

Quello dei sinistri sanitari è un tema su cui si stanno concentrando le attenzioni delle regioni, che in materia si sono mosse in ordine sparso. C’è chi lascia che siano le aziende sanitarie locali a gestire il rischio medico in autotutela; c’è chi si affida ad assicurazioni private pagando premi milionari; poi ci sono regioni che procedono direttamente attraverso un fondo regionale ad hoc per la gestione diretta e infine c’è chi opta per per un sistema misto, che prevede delle franchigie oltre le quali intervengono le assicurazioni. Quanto complessivamente le Regioni spendano per risarcire i cittadini vittime di errori sanitari non dato saperlo.

Neppure l’Agenas, l’agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali, nel primo “Monitoraggio dei sinistri sanitari 2014”, presentato poche settimane fa, dipana i dubbi. Anzi. L’unico dato parziale in materia evidenzia che il costo medio dei sinistri liquidati corrisponde a 52.368,95 euro, senza dare alcuna indicazione di quanti siano complessivamente. A una domanda più diretta, l’ufficio stampa della struttura del Ministero della Salute si limita a dire che i dati “attualmente divulgabili a nostra disposizione sono quelli presenti nel rapporto. Si tratta, infatti, di informazioni che necessitano di condivisione con il Comitato Tecnico delle Regioni per la Sicurezza del Paziente, così come previsto dalla direttiva. 7 del DM 11.12.2009”. Burocratese per dire che i dati non possono essere diffusi.

Non va meglio chiedendo direttamente alle regioni. Dalle poche risposte ricevute, tuttavia, emerge qualche dato interessante. La Lombardia comunica che nel 2014 ha speso 760.604 euro per risarcire 80 sinistri. Nella regione governata da Roberto Maroni non esiste un fondo regionale ma sono le singole aziende ad accantonare degli importi non coperti da polizze assicurative. Un dato – spiegano – che registra il segno meno rispetto agli anni precedenti perchè si sta investendo molto sulla prevenzione del rischio, soprattutto nei reparti di ostetricia e ginecologia.

Non è un caso che la regione abbia puntato l’attenzione su questa branca. Come spiega l’avvocato Lauri di Osservatorio Sanità, i cosiddetti “baby case” “sono quelli più costosi per un’Azienda Sanitaria ed è grave che un rapporto ufficiale come quello dell’Agenas non ne tenga conto, minandone la credibilità stessa. Il risarcimento per un bambino che nasce con dei problemi neuromotori per sofferenza da parto dovuta ad errore medico può costare fino a 1,5 milioni di euro secondo le attuali tabelle in vigore. Ma se l’azienda ospedaliera non ha accantonamenti sufficienti o è in disavanzo economico come si fa?”.

I recenti casi di cronaca di donne decedute per complicanze durante la fase finale della gravidanza o durante il parto mostrano come il tema sia all’ordine del giorno,, così come quello delle infezioni contratte durante i ricoveri ospedalieri.

La politica non rimane estranea al tema. La Camera dei deputati ha discusso pochi giorni fa una mozione di Scelta Civica sul tema delle infezioni che rivela che “oggi la mortalità per le cosiddette «infezioni ospedaliere» si aggira intorno al 25-30 per cento” (circa 7mila morti l’anno) impegnando il governo a potenziare il sistema nazionale di raccolta delle informazioni e a redigere un piano nazionale di prevenzione e controllo.

Basti vedere che solo la Sardegna ha stanziato 67 milioni di euro per risarcimenti da danni in sanità per il triennio 2012-2014. Le denunce con richiesta risarcitoria sono state 406 nel 2012, 462 nel 2013, 440 nel 2014. Il Friuli Venezia Giulianel 2014 ha speso 1,9 milioni di euro (a carico del Fondo Regionale) a cui si aggiunge il premio della polizza unica regionale pari a 5 milioni 171.175,00 (che prevede una franchigia di 500.000,00 euro per sinistro). La franchigia marchigiana si ferma a 350 mila euro e dalla regione fanno sapere che nel 2014 hanno speso 375mila e 700 euro di cui 370mila per sinistri riferibili a “malpractice”.

La Liguria a partire dal 2011 ha scelto di gestire direttamente il rischio sanitario per ragioni di economicità: le assicurazioni costavano 31 milioni di premi mentre il fondo nel 2014 è pari a 25 milioni di euro. Nel 2015 la regione, oggi amministrata da Giovanni Toti, ha liquidato 154 casi per un importo complessivo di circa 2,7 milioni di euro.

Su tutte però la regione “modello” per la gestione del rischio è la Toscana che nel 2014 ha speso 37.995.926,75 euro e nel 2015, 52.642.477,55 euro. Con la specifica che “per quanto riguarda il 2015, i dati sono aggiornati a novembre e i maggiori costi riferiti all’anno 2015 sono dovuti a stime effettuate prevalentemente sull’ammontare dei danni richiesto dalla controparte”. La Sicilia con un atto di giunta del marzo scorso ha deciso di dotarsi di un fondo regionale “prudenziale” di 60 milioni di euro per avviare il nuovo sistema di rischio.

Quello dei risarcimenti danni da errore medico è una questione da milioni di euro per le casse regionali che soprattutto nel settore sanitario ricevono sempre meno stanziamenti dal governo centrale. Ma a Roma non rimangono insensibili al problema. Con l’aumentare delle cause dei pazienti danneggiati i medici tendono a prescrivere esami clinici in più, ricorrendo alla cosiddetta “medicina difensiva” che il Ministero della Salute calcola costi alla collettività circa 13 miliardi di euro.

Per correre ai ripari nelle prossime settimane approderà all’aula di Montecitorio una proposta di legge del Pd sulla responsabilità medica che punta a introdurre il Garante per il diritto alla salute in tutte le regioni e a potenziare la “gestione del rischio” all’interno delle aziende sanitarie. Ma sul testo si raccolgono le critiche delle associazioni che si occupano della tutela dei pazienti quando le cose non vanno per il verso giusto. Tonino Aceti, coordinatore dei Tribunali del Malato non risparmia critiche alla proposta in discussione perchè giudicata fortemente penalizzante per i pazienti che vogliano fare ricorso e che alla luce dell’indice di sinistrosità diffuso dall’Agenas, secondo il quale solo 20 su 10mila dimissioni farebbero ricorso non giustifica questo allarmismo diffuso.

Ma l’associazione scende nel dettaglio della proposta “non esistono dati certi sui rimborsi che giustificano una revisione della normativa. Inoltre, se la proposta venisse approvata così com’è sarebbe fortemente penalizzante per i cittadini. Nella legge contrariamente ad una giurisprudenza consolidata in materia, è previsto che l’onere della prova ricada sui pazienti secondo la responsabilità extracontrattuale. E un paziente in anestesia totale come fa a dimostrare che il chirurgo ha operato con colpa, dolo o negligenza? Così non c’è bilanciamento tra la tutela del cittadino e la serenità del personale medico, ma è schierato da una parte sola”. Conclude l’associazione: 2”i cittadini non vogliono far causa a tutti i costi, ma lamentano piuttosto una mancata comunicazione, l’incrinarsi del rapporto di fiducia con i sanitari. E’ questo rapporto che andrebbe ricostruito e dovrebbe essere tema della proposta di legge in esame”.

 

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